Cesena 22 Maggio 2017, al reparto di rianimazione dell'ospedale Bufalini, finisce la storia e la vita di Nicky Hayden, il ragazzo del Kentucky che aveva regalato agli Stati Uniti l'ultimo titolo mondiale della Motogp e che da due stagioni, era impegnato nel mondiale Superbike con il Team Honda. Nato ad Owensboro (US), era un pilota completo, aveva cominciato la carriera nel "flat-track", disciplina molto in voga oltreoceano dove aveva vinto tutto quello che si poteva. Poi ha corso nel campionato "AMA", la Superbike americana, dove si era laureato campione nel 2002. Passato alla Motogp direttamente nella squadra ufficiale Honda, era stato il grande compagno di Valentino Rossi degli anni HRC, fino a diventare la prima scelta di casa Honda, quando il pilota di Tavullia approdò in Yamaha. Da pilota esperto qual'era, ha comunque lottato per diventare competitivo ed era diventato molto costante. Non cadeva quasi mai e arrivava fino in fondo ad ogni gara. Clamoroso fu il titolo conquistato nel 2006 che lo vedeva vincitore di una sola gara, ad Assen, in tutta la stagione. Anno difficile dove il compagno, Dani Pedrosa, lo atterrò involontariamente all'Estoril, mettendo a rischio la sua lotta al titolo. Traguardo che venne raggiunto all'ultima prova sul circuito di Valencia, complice una caduta di Rossi. Poi passò in Ducati, sempre al fianco di Valentino con un ruolo di rilevanza dal punto di vista dello sviluppo della moto di Borgo Panigale. Dopo i team ufficiali, altre esperienze in Motogp con Cecchinello e Aspar.
Capito che per essere un campione completo bisognava competere per un altro campionato mondiale, non gli è stato difficile arrivare in Superbike in forza alla Honda Ten Kate con le moto ufficiali. Un anno propedeutico il 2016, nel quale oltre ad una vittoria in Malesia, ha conquistato ben 4 podi, ma come ribadiva nelle interviste, era lì per vincere il titolo mondiale. La sua era una missione più che condivisibile poiché la Motogp non è più una sfida a totale, ma una questione di due o tre piloti che vanno il doppio degli altri. In più sarebbe stato un terzo mondiale se si considera quanto conta negli "States" vincere un campionato nazionale. Il grande slam non gli è riuscito per colpa di una fatale giornata in bici nei dintorni di Misano Adriatico.
Domenica 14 maggio aveva concluso il round di Imola e prima della trasferta inglese di Donington, si era concesso un po' di svago/allenamento con gli amici romagnoli. Poi è stato un attimo come ce ne sono tanti, uno viaggia in auto ed ha i propri pensieri e sogni, l'altro pedala su una bici da corsa e pensa alla sua vita e ad una giornata libera tra una gara e l'altra. Il 17 maggio, questi due individui, senza motivo, s'incontrano tragicamente su di una strada della riviera. L'impatto è drammatico e non c'è niente da fare. Entrambi perdono qualcosa, Hayden la vita e l'automobilista perde la serenità. Due morti uguali, ma con peso diverso. Quello di Nicky, che frana come una montagna addosso a tutto l'ambiente e gli appassionati e quello del ragazzo trentenne, che lentamente soffrirà e non si darà pace. Ho pregato per Hayden, ho pregato per l'altro, ma in entrambi i casi è stato inutile.
Muore un campione e si apre tristemente il capitolo di una famiglia che perde la cosa più bella che avevano, un figlio, un fratello, uno zio per tutti loro speciale. Si apre anche un'inchiesta dove qualunque verdetto, comunque, non rimetterà le cose a posto come prima. Voglio ricordarlo come l'ho visto l'ultima volta da vicino, in griglia di partenza, sulla moto, concentrato, con gli occhiali, il cappellino e un asciugamano sul collo. Si alza il rumore dei motori, la visiera si abbassa, si spegne il semaforo e via; per l'ultima volta. Ciao Nicky, ciao campione, ciao Kentucky Kid.
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