immagine dal sito http://www.bikeracing.it/
In occasione del round di Misano Adriatico del campionato mondiale superbike, Bray Hill ha chiesto ad alcuni piloti "top rider" quale fosse il loro parere in merito alle corse su strada come il TT dell'Isola di Man o la Northwest 200. La domanda è stata rivolta per scelta solo a corridori britannici con l'eccezione dell'australiano Broc Parkes ed è stata formulata con un semplice "what do you think about the road races?" Tutti o quasi tutti han risposto che, pur apprezzando chi corre in quel campionato, non è comunque una disciplina alla quale si sentono di poter partecipare. Ma andiamo per ordine. Il primo a rispondere è stato il campione in carica supersport Chaz Davies che ha detto un categorico "not for me" e senza nemmeno stare a girarci intorno si è sincerato di farmi capire che sono gare pericolose "dangerous" con la quali non crede si cimenterà mai. Ringraziandolo per la sincerità e la spigliatezza ho fatto la stessa domanda all'irlandese Eugene Laverty che senza esitare ha detto "not for me" sbarrando gli occhi come se un'immagine lo cogliesse di sorpresa. Sappiamo che nell'isola di San Patrizio le corse su strada hanno tuttora un grande successo e proprio dall'Irlanda e l'Ulster provengono molti dei partecipanti al TT tra cui il mito Joey Dunlop su tutti e tutta la sua famiglia di corridori professionisti "road riders". Il terzo intervistato sul tema è Leon Camier che dalla sua statura tutt'altro che irrilevente ha detto (guarda caso) un pesante "not for me" e "is crazy" con tutto che, mentre firma autografi si blocca e dice che è una disciplina dura "strong" e nel mezzo dello stupore generale mima con entrambe le mani sotto al cavallo dei pantaloni il gesto delle palle e dice "great balls". Così giusto per essere precisi. E' il turno di uno dei più matti e simpatici ovvero Tom Sykes che si emoziona quando dice "crazy" e dice che conosce personalmente John Mc Guinnes e che ama il TT, ma la risposta è "not for me" e aggiunge "I respect, but not for me" ridendo e sghignazzando tra il pubblico semplicemente bramoso di foto e autografi e che resta atterrito e continua ad osservare stupito ascoltando il nostro dialogo. Passeggiando per il paddok incontro una vecchia conoscenza, l'australiano Broc Parkes, e dopo i convenevoli sulla salute, il tempo e la situazione sportiva della sua squadra che corre nella categoria supersport, servo la domanda a bruciapelo. "Yea, I like". "I know John Mc Guinnes and Guy Martin, but I think is not for me". "Very strong and so dangerous". Fondamentalmente troppo pericolose nonostante il fascino. Salutato Parkes arriva, dulcis in fundo, colui che più ha dato soddisfacenti risposte a quello che chiedevo. Sarà che è cresciuto con un padre che al TT ci correva?!?! Sarà che è considerato uno dei più forti del mondiale superbike e ha quasi vinto un titolo?!?! Sarà che per fare questo mestiere si deve sempre tenere conto del rischio?!?! Leon Haslam, figlio del grande Ron, che di corse su strada ne ha vinte più di una, ha risposto "great", grande e ha detto di amare le road races perchè "different". Qui è diverso! ha detto, sei in circuito e si guida in un modo. Su strada si guida in un altro, ma comunque sia è sempre correre in moto e si tratta di belle gare "very strong". Il padre di Leon e la carriera che ha fatto sono sicuramente all'origine di questo tipo di risposta. La riflessione che s'intende fare ora è abbastanza semplice. Dovendo giudicare le gare motociclistiche per il fascino che le caratterizza si può cadere nella trappola di non valutarne la pericolosità. Il 2012 è stato un anno buono per il TT dell'Isola di Man, perchè tutti i partecipanti alle varie categorie sono riusciti a ritornare a casa. Ma questo è un caso che non deve stupire. Si corre in moto e la variante di rischiare troppo, di rischiare la vita è nella testa di tutti i piloti che si sanno comportare di conseguenza. Questa variante è, o dovrebbe essere anche nella testa dell'appassionato che va al circuito ad assistere ai GP. Sia uno, che l'altro non pensano al peggio, ma sanno che c'è e che in un qualche modo va scongiurato. Le "road races" sono gare pericolosissime perchè il rischio di incidenti fatali è alto, ma va salvaguardato il fatto che se c'è gente che a queste gare vuole partecipare, per diversissimi motivi, assumendosi responsabilità enormi su di se, allora non ci si deve meravigliare che per qualcuno queste corse siano suggestive e più interessanti che altre. La stessa responsabilità che un pilota professionista si assume nell'affrontare un campionato fatto di gare su pista o su strada dovrebbe essere anche nella testa del comune motociclista che inforca la sua moto la domenica per fare due passi di collina con gli amici o semplicemente da solo per il gusto di andare a ricercare quelle sensazioni e quelle emozioni che andare in moto offre. Senza un obbiettivo preciso su di sè e sugli altri. Andare in moto è speciale per chi la vede come una proiezione di se stesso, altrimenti non lo farebbe se non fosse che andare in moto non è altro che vivere!
Nessun commento:
Posta un commento