giovedì 17 settembre 2020

Piano British...


Di Alex Ricci

Circa un anno fa, nelle sale stampa del Campionato Mondiale Superbike, teneva banco tra giornalisti e fotografi, la questione del regolamento punteggi BSB. Il campionato inglese delle derivate di serie, omologo del nostro CIV, si avvaleva e si avvale tutt'ora di una formula particolare per rendere interessanti le gare fino a fine stagione e far si che non vi sia un matematicamente campione a chiudere i giochi anzitempo. Ma come funziona? Una volta conclusosi l'ultimo round previsto come "regular season", vi sono altri tre appuntamenti extra chiamati "Showdown". A queste gare si partecipa regolarmente con tutti i team e i piloti, ma i primi sei vengono separati dal resto della classifica e portati a pari punti, idealmente 500, a cui ne vengono sommati 5 per ogni vittoria stagionale, 3 per ogni secondo posto e 1 per ogni terzo. Le gare assegneranno poi lo stesso ordine di punteggio che si è assegnato fino a quel momento, con la differenza che i primi sei stanno disputando a tutti gli effetti un mini campionato a parte. Dove sono i vantaggi? Lo spettacolo è quello di vedere che anche il sesto, può puntare alla vittoria stagionale come il primo il quale, pur avendo totalizzato più punti di tutti, non è ancora sicuro di portare a casa il titolo. L'idea non è molto meritocratica, ed avvantaggia chi ha vinto meno gare laddove per trovarsi sesti o quinti in classifica, si può anche non averne vinta nessuna, rendendo fondamentali le prove che costituiscono questa fase. Non è però scontato che questo sistema faccia saltare il flusso del campionato. Nel 2019, nonostante questa soluzione, si è laureato campione Scott Redding, dopo aver dominato la stagione contro il compagno di scuderia Josh Brookes e l'altro alfiere Ducati Tom Bridewell rispettivamente secondo e terzo. Ripensandolo oggi, questo sparigliare le carte, potrebbe essere utile a concludere la tormentata stagione 2020 in cui si è ritrovato il WSBK. Con l'abbandono delle trasferte extraeuropee, che solitamente si compiono a fine anno e l'annullamento degli eventi in molte piste storiche come Assen, Donington Park e Misano, sarebbe stato il mix salva campionato, visto che attualmente si svolge solamente in Spagna e Portogallo con l'eccezione di Magny-Cours. Col senno di poi siamo tutti bravi, ma vedere Michael Ruben Rinaldi, che dopo aver dimostrato la propria competitività e quella del suo pacchetto firmato Team GoEleven, lotta a pari classifica con Scott Redding e Johnny Rea per la coppa di campione del mondo, è un'immagine più che suggestiva. Per definirla in un'altro modo, sarebbe l'antidoto anti-covid19 made in UK e avrebbe portato spettacolo in una stagiona accorciata e avida di appuntamenti. Probabilmente è giusto che tutto rimanga così e si concluda senza stravolgimenti, così come è giusto che questa formula inglese rimanga oltremanica. Ma chissà, con l'esperienza di una pandemia, tutto questo potrebbe essere studiato, scritto e sigillato in una bella busta con scritto "piano B", "piano British".

sabato 2 maggio 2020

Come i "Carbonari"


Ricordo ancora quella volta che entrando nel bar con mio padre da ragazzino, vidi alla tv del locale che trasmettevano una gara di moto. Convinto che si trattasse del Motomondiale, mi sedetti a guardare con il solito entusiasmo. Ma mentre mi accorgevo che di Motomondiale non si trattava, mio padre, grande estimatore della classe 500 e dei suoi protagonisti dell'epoca, mi disse "Ah...è la Superbike! Lì corrono Ducati, Bimota, moto particolari! Non è la 500!". Rimasi perplesso, avevo circa 8/9 anni e non ne sapevo niente di quel campionato che prendeva il via proprio quell'anno. Così, per qualche tempo, grazie anche alla copertura televisiva (molto limitata), tutta in favore dei Gran Premi delle due tempi, non seguivo queste "moto particolari" Fu grazie alla mia voglia di sapere sempre qualcosa in più sulle moto che sfogliando Motosprint, qualche anno dopo (avevo già l'età del motorino), trovai un servizio sul campionato Superbike che stava per iniziare.


Non sapevo chi fossero i piloti, nomi mai sentiti e su quelle moto. Kawasaki, Ducati, Honda, così diverse da quelle del Motomondiale che mi chiedevo cosa fossero. E poi la formula, due manches nello stesso pomeriggio, in circuiti diversi dal calendario dei GP. Stupore e fascinazione al tempo stesso. Leggevo nomi "esotici", piloti americani, inglesi, neozelandesi, ma anche tanti italiani mai visti nella 250 o nella 500 di allora... Qualche giapponese e moto stupende uguali a quelle che vedevo per strada. E poi il nome, "Superbike", mi sembrava così poco tecnico, così fumettistico da non capire bene cosa fosse. Da quel momento in poi bisognava recuperare. Dovevo vedere qualche gara di questi piloti sconosciuti, capire per chi tifare. Mi sarei fatto un beniamino, o più di uno. Magari mi sarei affezionato ad una marca di moto come Ducati, che non gareggiava nei GP, ma non ne vedevo nemmeno molte in strada. Mi colpiva che sulle carene di questi bolidi non comparissero molti sponsor, non erano variopinte e flash come la Suzuki di Schwantz o la Yamaha di Cadalora tipo pacchetto di sigarette, o come la Honda HRC ufficiale coi colori della benzina. Erano semplici, come uscite dal concessionario, senza una grafica ammiccante a con un fascino particolare.


La verdissima Kawasaki del campione statunitense Scott Russell sembrava enorme, mentre le Ducati 888, erano tante e parevano tutte uguali. Ma perché non erano pubblicizzate queste gare? Intendo, sulle riviste specializzate sì, ma per quale motivo non trovavo un canale che trasmettesse le gare la domenica? Quella volta nel bar non vidi granchè. Nessuno seguiva veramente la trasmissione, era capitato per caso e solo la mia curiosità aveva notato una differenza interessante, un'alternativa per chi ha sete di gare e motori. Mi tenevo aggiornato sulle pagine di Motosprint, ma non trovavo una differita e tantomeno una diretta, che potesse placare la mia voglia di vedere correre la Superbike.


Come molti appassionati sanno, questo campionato ha comunque avuto fortuna nel tempo ed ha trovato spazio mediatico, con l'aumentare dello spazio nel cuore degli amanti delle gare di moto. Dopo qualche anno infatti, qualcosa iniziava a muoversi e la Superbike aveva raggiunto un buon livello di interesse non più ristretto al pubblico, ma esteso anche alle aziende che producono moto. Tanto che, dopo un po', nacque una categoria di cilindrata inferiore denominata Supersport. In tempi dove il segnale tv era ancora analogico e non si poteva usufruire di molti canali come col digitale terrestre, qualche emittente iniziò a trasmettere resoconti e qualche gara. Finalmente si poteva seguire in modo ancora un po' macchinoso il mondiale delle derivate di serie. Così, a tarda ora, su reti locali che avevano la possibilità di trasmettere qualcosa di internazionale, si vedeva la Superbike, con le sintesi, molto "asciutte", della due gare della domenica. Una meraviglia per me, ma penso fossimo in due o tre per tutto il comune dove abitavo, che si prendevano la briga di scorrere il telecomando oltre al tasto 6 per trovare la trasmissione. E poi ci si incontrava e parlavamo di Fogarty, di Slight, di Gobert e sembravamo i Carbonari nel loro parlare con codici criptati, di un movimento che la massa non conosceva o non aveva ben presente.


In realtà la Superbike aveva impiegato ben meno tempo di quello che si può pensare per far innamorare gli appassionati, ma continuava a soffrire di una scarsissima pubblicità mediatica e di una copertura televisiva non all'altezza del pubblico che gremiva le tribune di Monza, Misano o Imola.
Per questo motivo eravamo dei nottambuli, che non trovavano un articolo sui quotidiani sportivi. Piuttosto l'ippica o il badmington, ma non la Superbike, sulle ultime pagine della Gazzetta. Così mi ha fatto gioco dire che eravamo come i "Carbonari" che cospiravano la notte contro il sistema pre-risorgimentale. Era un sistema anche quello, ma non offriva spazio al movimento che nel tempo farà parlare per il calore e i numeri del pubblico che va in circuito. Infatti la tv non è stata comunque un crescendo di divulgazione dal quale non si è tornati indietro. Anzi, pur mantenendosi costante e vivo il seguito della Superbike, il tubo catodico ha avuto alti e bassi. Mi ricordava Carlo Baldi (che ha usato per primo il termine Carbonari e a cui dedico questo editoriale), che ci fu una stagione dove i diritti televisivi di questo campionato se li era aggiudicati la Rai. Il risultato fu che la gara veniva trasmessa solo in replica il lunedì sera a mezzanotte e non si vedeva la Supersport. E' stato un trend altalenante, come già detto prima, che ha avuto anche delle stagioni con un buon successo di ascolti e specialmente nell'ultimo periodo, le emittenti che si sono guadagnate l'esclusiva, hanno programmato un palinsesto adeguato all'evento.


Dopo lo stop obbligatorio per l'emergenza Covid-19, molti aspetti di questo campionato dovranno essere ragionati e valutati in funzione della ripartenza, e sono convinto che ripartiremo con una buona copertura televisiva. Altrimenti, come dal nulla, torneranno i Carbonari.

Alex Ricci.

mercoledì 8 aprile 2020

Ritorno al futuro...


COVID-19 o semplicemente "Coronavirus", è il "limes" oltre il quale nulla sarà più come prima e cambierà l'approccio a ciò che fino a ieri abbiamo imparato e dato per scontato. Non è il caso di piangere un cambiamento radicale, ma piuttosto tentare d'immaginare come sarà un motociclismo "post Covid". I campionati sono stati tutti sospesi e già stravolti nel calendario, con l'intenzione di riprendere il prima possibile, salvando il salvabile. L'impressione che ho avuto in questi ultimi giorni è quella che non sarà facile ricalcare quanto già programmato in ottica 2020 prima dell'esplosione dell'epidemia. E se si pensa di poter rimandare le prime tappe di Motogp e Superbike (tanto per citarne due), e ottimizzare la seconda parte dell'anno in corso, al fine di avere una stagione completa, ha i connotati di un fuoristrada clamoroso. Lo scenario più plausibile, sarebbe invece quello di riorganizzare i campionati motociclistici con calendari meno serrati e diluiti all'interno dell'anno solare.


Se la MotoGP deve essere il riferimento del mondo della velocità, può tranquillamente prendersi la parte centrale dell'anno, quella che va dalla primavera inoltrata all'autunno, lasciando liberi gli altri periodi per eventi come Mondiale Motocross e Superbike. In questo caso, gli "aficionados" delle ruote tassellate e delle derivate di serie, avrebbero godimento nel seguire le corse senza doversi incrociare col la Formula 1 automobilistica e il Motomondiale. Inoltre si andrebbe a sfruttare meglio alcune location extraeuropee, che godono del clima migliore durante il rigido inverno del vecchio continente. Questo tipo di distribuzione del campionato di stampo calcistico, è già in voga per il mondiale endurance (EWC), dove la prima gara si svolge poco dopo l'ultima tappa, ovvero la 8h di Suzuka. Questo perché essendo un campionato con moltissimi partecipanti e per natura con un particolare approccio alla gara, con lunghi turni in pista ed equipaggi assortiti, ha bisogno di uno spazio maggiore rispetto alle gare sprint. Il sistema sta comunque funzionando e sia per la presenza di piloti importanti, che per il rilancio di piste dove non si disputano gare del mondiale velocità, l'interesse è andato aumentando.


I campionati nazionali come CEV, BSB ed il nostro CIV, eviterebbero certe concomitanze con i campioni del mondo e avrebbero, perchè no, una maggior visibilità se fossero l'evento della giornata. Ciò che si sta evitando in questo periodo di "isolamento generale" è il contagio da assembramenti. Una volta riaperto il mondo alla libera circolazione, di cui tutti sentiamo l'enorme mancanza, l'approccio agli eventi sarà leggermente cambiato e questo potrebbe essere una spinta a cambiare mentalità e abitudini, in favore di una ripresa e un rilancio dei campionati che amiamo di più e che ultimamente avevano perso interesse, televisioni, sponsor, soldi.


Foto: Pierpaolo Bianchi (#119), archivio privato.

Anni fa si correva la "Mototemporada Romagnola" che faceva da aperitivo al mondiale e al quale partecipavano piloti di primissimo livello con l'intento di aggiudicarsi ambiti premi in somme di denaro. A questo precampionato non mancava il pubblico ed era tradizione e consuetudine andare ai circuiti per vedere grandi campioni e idoli locali sfidarsi in corse spesso memorabili. Per scelta e sempre perché i tempi cambiano, vennero sostituite da un calendario più lungo del Motomondiale (le gare che contano), e tutti quanti ci siamo abituati e non rimpiangiamo la Mototemporada.


Nel 1988, con la storica gara di Donington Park tutta tricolore per noi, grazie alle vittorie di Tardozzi su Bimota e Lucchinelli con Ducati, ci siamo chiesti che campionato fosse questa nuova formula che pensionava il vecchio campionato Formula 1, dove correvano le derivate di serie e tanti piloti che avevano lasciato il mondiale per avventurarsi a sostegno di corse come il TT dell'Isola di Man, il Transathlantic Trophy, le gare americane come la Daytona 200 o la nostra 200 miglia di Imola. La nascita del mondiale Superbike ha di fatto ottimizzato l'interesse delle case costruttrici a produrre mezzi destinati al pubblico, sempre più innovativi e competitivi e ha generato vere e proprie carriere di funamboli delle grosse quattro tempi.


E' proprio Ducati che deve la maggior parte della sua popolarità nel mondo alle stagioni vittoriose disputate in Superbike, rilanciando un marchio e un'azienda che soffriva sul mercato, ed imbastendo un progetto che l'ha portata in MotoGP, vincendo molte gare memorabili, un titolo con Stoner e diventando la bestia nera delle giapponesi Honda e Yamaha. I cambiamenti portano sempre altrove e non sappiamo esattamente dove. Ma una volta che si è tracciato un confine di demarcazione sociale così profondo e mondiale, possiamo solo augurarci di svoltare riprendendo ciò che abbiamo lasciato per strada, ma con la mente protesa ad un grande ritorno. Ritorno al futuro però.

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