Sfogliando una delle "solite", note riviste di settore, ho potuto osservare, con non troppo dispiacere, che tra le prove proposte dal magazine vi sono alcuni nuovi modelli di bassa cilindrata. Vuoi vedere che le piccole cilindrate ritornano sul mercato con l'intento di essere vere moto? Vuoi vedere che sotto ai 600 cc. non sono più solo i soliti "scooteroni"? Sarebbe un intelligente ritorno al passato. Le moto erano un mezzo valido per tutti gli usi della vita quotidiana e non. Certi modelli sono stati un ottimo modo di muoversi nel traffico e fuori città, offrendo a chi li guidava la possibilità di comprendere il motociclismo e crescere, magari ambendo di guidarne di più potenti, più sportive, più turistiche. Insomma, una scuola che si è persa e che potrebbe ritrovarsi oggi, dove la moto è un qualcosa di non necessario, tranne per chi non ne sa fare a meno in tutti i sensi. Andiamo quindi per gradi e scopriamo cosa può significare tutto questo.
Chi ha potuto viaggiare in certe zone del mondo,si sarà reso conto che la moto è il modo più semplice ed economico per muoversi, svolgere le commissioni, andare al lavoro, portare i figli a scuola. Soprattutto in luoghi dove traffico è sinonimo di caos ed è soffocante prendere i mezzi pubblici che si inerpicano lentamente lungo strade dissestate. Che siate a Kathmandu o ad Istanbul, troverete motorini di 80, 125 o 150 cc. che riempiono le vie e portano in giro le persone più diverse e diversamente occupate. Questo però non è motociclismo. Si tratta di necessità che diventa virtù, di sopravvivenza.
Eppure questo processo di motorizzazione è avvenuto anche nel nostro paese, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Motivo principale era la necessità di rimettere in piedi una nazione e bisognava lavorare e muoversi anche con poco. Il fenomeno che però occorre analizzare non è poi così antico. Infatti basta guardare al periodo che va dalla fine degli anni '60 al tutti gli anni '70. Esistevano in circolazione un sacco di modelli capaci di svolgere il proprio dovere, ma anche in grado di entusiasmare per sportività e prestazioni. Marce dure o strumentazioni spartane non erano un problema e si poteva contare su molte soluzioni, forse anche maggiori rispetto al listino odierno. Poi c'era sempre chi con una moto faceva per trent'anni la strada per andare al lavoro e chi, come ora, le sceglieva, le modificava, le amava e le cambiava in base ai gusti e alle novità.
Non che negli anni '70 non esistessero le moto di 900 cc., ma piuttosto non era necessario arrivare ad avere quello specifico modello per avere una vera moto. Quale potrebbe essere il vantaggio di aver avuto moto di cilindrate diverse, dalle più piccole alle più grosse? Certamente un approccio migliore con la gestione delle potenze, con le dinamiche di una meccanica motociclistica e l'affinare una personale sensibilità di guida. In più conviene sempre andare per gradi senza farsi prendere la mano da cose che in fondo non si comprendono nell'immediato.
Anche nei successivi '80, gli anni dell'austerity, si sono viste moto di tutte le cilindrate, più e meno apprezzabili, ma tutte funzionali. Bisogna ricordare che negli anni '80 le tecnologie a disposizione erano ancora poche per sostanziali cambiamenti, se non quello di avere su tutti i modelli o quasi i freni a disco e poco altro. Molti sono i telai in tubo di ferro, ma quasi tutti hanno i cerchi in lega, anche i modelli in cui stonano. Inoltre gli pneumatici rimangono ancora molto standard.
Le maxicilindrate, le superbike, le granturismo si fanno sempre più comuni fra i motociclisti ed è nell'interesse delle case costruttrici ricercare la prestazione, la potenza massima da scaricare a terra. Nascono un sacco di modelli destinati a lasciare il segno e il motociclismo cambia per sempre. Così dopo gli anni '90 e l'inizio del terzo millennio, un netto taglio alle basse cilindrate si è verificato in funzione di una vita diversa; un'era in cui tutto scorre più velocemente e le distanze si fanno microscopiche, anche la moto diventa un "c'è o non c'è". Da zero a cento, chi si compra una moto e passa dal non averla mai guidata al GSX-R 750 se non all'R1. Questo penalizza non solo una categoria di persone che si spostano sulle strade, ma tutta una storia di moto, modelli e motociclismo fatto di esperienze e conoscenze. Concetti base oltre i quali esiste solo l'effimera e disgustosa moda. Chiamiamola anche tendenza, ma non cambia molto. Una moto vera la si riconosce come tutti quegli altri prodotti creati dall'ingegno dell'uomo.
Per questo sono a definire "fortuna" il fatto che si possa contare su nuovi modelli di cilindrate contenute, capaci di dare un'idea di cosa sia andare in moto, anche un po' per gradi, senza il timore di sfigurare a parcheggiare di fianco ad una MV Brutale o ad una Ducati Diavel. Avere la moto significa avere un sacco di opportunità e di esperienze a portata di mano (o di manubrio). Basta solo capire che nulla è disdicevole se reca un beneficio a chi lo pratica. Se potete, compratevi una Yamaha SR 400, una Kawasaki Z 250 SL o una Z 300, una Yamaha YZF - R3, una KTM Duke 390, oppure tirate fuori dalla cantina una vecchia Guzzi V35 e che sarà mai! L'importante è vivere e sfinirsi di giri in moto, al punto da dirsi che è arrivata l'ora di passare ad un modello maggiore, qualcosa che allarghi quegli orizzonti che ancora non sappiamo come raggiungere.
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