venerdì 20 gennaio 2017

Honda CX 500, d'autore...



Davanti ad una “special”, si rimane spesso colpiti dai dettagli e dalle modifiche che la caratterizzano, differenziandola dalle moto standard. In realtà, ci si rende meno conto di come fosse fatta quella moto, dimenticando per un momento le caratteristiche dell’originale. Il concetto della “special”, anche in chiave cafè-racer, è quello di far emergere il potenziale di un qualsiasi modello di moto, anche se quest'ultimo non è mai stato un “cavallo di battaglia”. Una Honda CX 500 del 1983, può essere qualcosa da riscoprire come nuova alternativa a moto più classiche già “stramodificate”. A dare un senso alla storia di questa CX, ci ha pensato Graziano Ferrini, che dalla sua “butéga” ha tirato fuori una naked da copertina, che non teme confronti con le compagne di segmento e che si presenta col suo stile “ondanomala”, come mai ha potuto, nella sua antica veste d’origine.

“se un modello viene accantonato dalla storia, c'è un autore pronto a riscriverla con una special



Il bicilindrico 4 valvole in testa a V 80° trasversale che sviluppa una cilindrata di 496 cc., mantiene intatte le sue caratteristiche costruttrici e questa “special” ne esalta l’architettura. Parti lucide quasi a specchio su fusioni meccaniche nere danno il giusto abbinamento cromatico. Cambio a cinque marce per una trasmissione con finale a cardano che, nonostante l’età di costruzione, non genera contraccolpi alla guida. Filtri conici per i due carburatori Keihin da 35 mm, che oltre ad offrire un maggior tiro, danno leggerezza ad un onesto “twin” raffreddato a liquido, capace di pochi cavalli (solo 47), ma veri, che a 6.500 giri/min non si scostano troppo dalle prestazioni di motori moderni. Le due marmitte, in tubo saldato e curvato a dovere, sono  silenziate dall’interno senza aggiunta di terminali per mantenere una certa linea di forme ed esaltare il “ferro” di cui sono fatte.



“Il suo look affonda le radici
nella storia della moto”




Il telaio è stato tagliato dietro la sella per rendere più snella la sagoma della moto, che termina semplicemente col parafango posteriore. Essendo anche abbastanza alta davanti, la forcella è stata accorciata di due centimetri. Abbassando l’avantreno si ottiene il giusto equilibrio aerodinamico tra la posizione di guida e i comandi che la rendono più comoda, ma accattivante. Dietro, al contrario, gli ammortizzatori sono stati lasciati originali, per non sbilanciare troppo la ciclistica della moto. Monta i cerchi in lega del modello di serie nelle misure di 19’ all’anteriore e 18’ al posteriore. Freno anteriore a 2 dischi da 240 mm con pinze a singolo pistoncino azionate da un comando derivato da una Ducati da corsa, freno posteriore a tamburo da 160 mm.


Il suo look affonda le radici nella storia della moto. Il parafango anteriore è stato accorciato e gli è stata applicata un’ala in tema Honda, derivata da una Bianchi 125 degli anni ’40. Anche quello posteriore è stato accorciato e sapientemente modellato a riprendere lo stile anni ’50 del fanalino posteriore. Il serbatoio ricorda le Moto Guzzi di quegli anni, epoca in cui le giapponesi non erano ancora nei pensieri e nei sogni dei motociclisti e su di esso svetta un lucente tappo REX a leva. In mezzo c’è l’ampia sella monoposto fatta su misura, ricucita e ricoperta in pelle nera. Il manubrio è preso direttamente da una Honda Four, mentre la strumentazione di bordo è stata ripensata da zero eliminando il cruscotto originale e riducendola al solo contachilometri. Rigorosamente tondo e senza alcun tipo di decoro o cupolino, il fanale anteriore  proviene da una Honda CBF 1000. Tutta la verniciatura, un po’ all’inglese, è di un lucido bicolore nero/crema, che la identifica come una classica d’altri tempi ed evidenzia le forme alleggerite dal lavoro “artigianale”.


Il sound che scaturisce dalle marmitte è gutturale e oltre la classica timbrica del bicilindrico, ricorda ai più attenti il rombo di una vecchia Fiat 124. Nonostante la disposizione del bicilindrico a V, vibra poco, perché i cilindri sono inclinati, l’uno rispetto all’altro, in maniera lievemente divergente (uno avanti e uno indietro), sopperendo così ai fastidiosi tremori. Forte della solida meccanica Honda, questa moto permette di avere agilità e piacere di guida confrontandosi con le odierne compagne di segmento. La risposta dell’acceleratore, arriva decisa dopo i 3000 giri/min, ma senza sforzi o strappi. Pur avendo qualche anno, la rigidità del cardano non si percepisce perché ben assecondato dalla ciclistica, risultando elastica e godibile. Buona la guida alle basse velocità, ti fa toccare i 170 Km/h di velocità massima coi suoi onesti 47 CV.


La storia che Graziano Ferrini ha riscritto con questo “oggetto di metallo”, è quella di una moto da usare tutti i giorni. Sembra la parte “magra” di una moto spogliata e ritagliata sull’originale e ciò la rende in assoluto una “special” da mostrare, ma solo se si riesce a tenerla ferma sul cavalletto quanto basta.


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