domenica 13 novembre 2016

Non lasciate le chiavi per il computer...


Poco tempo fa, ho letto un articolo di Carlo Baldi sul noto sito moto.it, nel quale raccontava di quando, andando in moto ogni giorno, poteva succedere di fare i conti con qualche guasto o rottura. Spiegava inoltre come, qualche decennio fa, fosse possibile andare con un problema alla propria moto, presso un meccanico che, con maestria e tanta esperienza, sapeva azzeccare una diagnosi e riparare il mezzo con mosse efficaci e dirette. Quello che deve fare un bravo meccanico, dico io. Ho poi avuto modo di incontrare Carlo dopo qualche settimana e di ritornare piacevolmente sull'argomento. Mi ha raccontato un'altro aneddoto riguardante una gita con la moglie in Liguria, dove una Renault 18 (in questo caso un'auto), decise di lasciare i coniugi Baldi a piedi. Si pensò subito alla batteria scarica e ormai da buttare. Comprata la batteria nuova e collegata ai poli, la situazione rimase invariata. Allora, considerando che era sabato pomeriggio, Carlo e la moglie si diressero verso una piccola officina di elettrauto dove un signore, già anziano all'epoca, disse che avrebbe provveduto a sistemare il guasto. Fece le dovute considerazioni e diresse il proprio sospetto verso l'alternatore che carica la batteria. L'unico modo per far ripartire quella Renault era rifare l'avvolgimento dell'alternatore. Il vecchio meccanico prese del filo con cui sono fatti gli avvolgimenti e con una speciale macchina che aveva in officina, si mise a rifare tutto il pezzo da capo. Calcolò l'assorbimento della batteria aggiungendo diodi e fusibili affinché l'alternatore la caricasse fino al limite massimo. Una riparazione da vero certosino che costò a Carlo la cifra vertiginosa di ben 15.000 lire.


Avevo una Volvo 460 a cui tenevo molto. La comprai che aveva già 10 anni ed era stata immatricolata nell'ultimo anno di produzione. Un'ottima auto. Col passare del tempo però cominciava ad avere qualche piccolo acciacco, molti dei quali erano stupidaggini. Quando si accende una spia nel quadro degli strumenti, viene istintivo pensare ad un reale problema. Così feci quando mi si accese la spia della sonda lambda per la prima volta. Preso dai dubbi, mi recai con la Volvo perfettamente funzionante presso la concessionaria dove era stata acquistata dal precedente proprietario. Presero la mia auto in consegna dicendomi di passare alla sera per saperne di più. Con la consapevolezza che nei centri delle grosse case automobilistiche lavorano secondo i dettami del marchio, immaginavo che la mia auto sarebbe stata attaccata ad un macchinario per la diagnosi computerizzata. La brutta sorpresa fu che dovetti sganciare ben 80 euro per la sola risposta dei meccanici. Follia, per me. Mi fecero incazzare come una bestia e mi dissero pure che c'era tutto il sistema del catalizzatore che era "partito", non funzionava più e per questo la spia della sonda rimaneva accesa. Me ne andai scocciato, ma determinato a vederci chiaro. Finii per andare da un mio amico meccanico che, pur lavorando con un sacco di nuovi veicoli, sa ancora come si gestiscono certi casi. Non avendo computer da collegare alle auto, è abituato a chiedere, osservare, provare e di solito indovinare. Non mi chiese un centesimo e quando mi riconsegnò la macchina, la spia della sonda lambda era spenta. Mi disse che il sensore che dava il consenso al quadro degli strumenti si era sporcato e quindi non funzionava bene. Una cavolata.


Ovviamente nel ramo auto vi sono molte più parti che beneficiano di innovazioni digitali e computerizzate che nel settore moto, ma il nostro amato mezzo a due ruote, sta diventando sempre più sofisticato. Se prendiamo i listini, possiamo constatare che molte case motociclistiche offrono un panorama vastissimo che spazia dalla moto semplice con tutti i comandi meccanici o elettrici, al modello con novità automatiche, computerizzate e gestite da centraline elettroniche. In questo modo le prestazioni sono migliorate, i motori sono più potenti, ma molto fruibili e si è cresciuti anche in termini di sicurezza.
Tutto questo ha però un lato negativo. L'altra faccia della medaglia è che se l'elettronica che equipaggia la moto salta, meglio avere credito nel telefonino e non trovarsi dove c'è poco campo, perché la moto non si muove più e non si può ricorrere a quelle soluzioni semplici che si utilizzavano una volta. Pensate al filo del gas che viene puntualmente sostituito dal sistema wireless o "ride-by-wire", per la precisione. Anche io acquistando la nuova GSX-R 1000, accetterei il compromesso di tutte le innovazioni basate sulla ricerca in ambito sportivo, ma un paio di domande me le farei...


Una volta mi si ruppe il filo della frizione della mia bellissima GSX-1100 del 1981. Non ero distante da casa, ma dovevo percorrere almeno una decina di km. Così misi il cambio in "folle" e spinsi la moto su per un ponte sulla strada che stavo percorrendo. Mi lanciai in discesa e ingranai la seconda. La moto partì e cominciai a cambiare le marce con una tecnica molto valida. Acceleravo tirando la marcia quasi al limite, poi lasciavo scendere il numero dei giri e, quasi al minimo, innestavo la marcia superiore e acceleravo progressivamente fino a ripetere la stessa mossa. Una volta arrivato, ho messo la moto sul cavalletto, mi son procurato del filo da frizione e ho aggiustato la moto stando bene attento a regolare il "gioco" della leva e la tensione della frizione.
Per questo dico che non dobbiamo permettere che il computer, l'elettronica in generale, sostituiscano l'ingegno umano. E i meccanici, utilizzino pure le fantastiche tecnologie di diagnosi e intervento sulle moto e gli altri mezzi di trasporto, ma non si dimentichino delle intuizioni che l'esperienza e la pratica forniscono ad un tecnico preparato come si deve. E che una chiave, un semplice cacciavite, possono molto se non ci complichiamo troppo la vita con diavolerie che non garantiscono l'indistruttibilità. Cari meccanici e voi motociclisti, non lasciate il vostro set di chiavi per un PC.

L'articolo di Baldi: Quel gran genio del mio amico

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