domenica 26 ottobre 2014

V4



Gli schemi motoristici applicati alle moto sono molti e differenti, ma uno dei più complessi ed interessanti di sempre rimane il quattro cilindri a V o più comunemente V4. E’ un prodotto ingegneristico compatto e raffinato, soprattutto quando vanta la distribuzione a cascata di ingranaggi, ma è più costoso sia da produrre, che nella manutenzione, confronto al quattro cilindri in linea. Qui, i blocchi dei cilindri sono separati rispetto all’asse del motore da un angolo. I vantaggi di questa configurazione sono la riduzione della lunghezza e dell’altezza del motore. La pecca principale in un motore di questo tipo, sono le vibrazioni più accentuate.


Aumentando l’ampiezza dell’angolo tra i cilindri, aumenta l’equilibrio del motore e diminuisce l’influsso delle forze giroscopiche che generano la maggior parte delle vibrazioni. Un motore ha un regime più uniforme se aumenta il frazionamento della cilindrata. Quindi un V4 è comunque più equilibrato rispetto ad un più semplice bicilindrico.


Negli anni ’80, il maggiore interprete del V4 è Honda, che realizza modelli come VF 750 S e VF 750 R. Sono moto di scarso successo, ma aprono la via alla serie VFR. Infatti la Casa giapponese costruisce una moto capace di ottenere vittorie importanti come il campionato Endurance e il Tourist Trophy dell’Isola di Man. Altri successi sono la 200 miglia di Daytona e la 8 ore di Suzuka che da sole valgono un'intera stagione agonistica. Sull’onda del grande consenso sportivo, ecco che arrivano sul mercato i due modelli che hanno segnato la storia del V4 Honda: VFR 750 F e VFR 750 R più comunemente chiamata RC 30.


La VFR 750 F fu resa nota al pubblico dopo la serie di successi sportivi che nel 1986 culminarono con la vittoria del Bol d’Or. Inizialmente non suscitò l’apprezzamento del pubblico che si aspettava una supersportiva pura. Dopo un breve periodo, grazie al brillante ed efficace motore da 105 CV/10.500 giri, la situazione si ribaltò divenendo un must per tutti gli appassionati. Questa moto poteva raggiungere  la velocità di 237 Km/h. La RC 30 invece, fu da subito quella moto da corsa che tutti si aspettavano.


La potenza di 112 CV/11.000 giri permetteva di toccare i 255 Km/h e grazie ad un telaio leggero e soluzioni tecniche innovative come il mono braccio alla ruota posteriore, questo motore confermò il carattere sportivo con risultati vincenti. Due titoli superbike con Fred Merkel (1988/89),due vittorie al TT e il mondiale F1 con Carl Fogarty (1990), il TouristTrophy con Steve Hislop (1991).



Ad Iwata il successo del V4 si ebbe con il modello V-Max . Le Yamaha V-Max sono nelle versioni più vecchie della prima serie di 1198 cc,  come nelle moderne 1700 da 200 CV, la maggior espressione di cruiser “bruciasemafori”. Questo V4 da 65° nella prima serie del 1985 sprigionava una potenza di 100 CV/7500 giri, in grado di percorrere il quarto di miglio da fermo in 12,1 secondi. Il consenso da parte del pubblico per questa moto arrivò anche grazie all’originalità e al design. 


L’impostazione di guida era tipica dei custom, la trasmissione finale a cardano, il finto serbatoio (quello vero era sotto la sella) nascondeva l’aspirazione dell’aria distinguibile dalle prese laterali cromate, il baricentro basso e la forcella anteriore molto inclinata rispetto al telaio ne fanno una roadster unica.


La V-Max di ultima generazione uscita nel 2009, ha una cilindrata di 1679 cc con cui vanta una potenza di 200 CV/9.000 giri e raggiunge la velocità (limitata da una centralina elettronica) di 220 Km/h. Avvalendosi di dettagli costruttivi di trent’anni dopo, ma con la stesso e inossidabile V4 che tentare di rimpiazzare sarebbe blasfemia pura, mantiene la tradizione dei primi modelli.


In “casa nostra”, è Aprilia che ultimamente  ha avuto un buon riscontro con il motore V4, dove col modello RSV4 si è concretizzata quella che da molti è definita una moto da corsa con targa e specchietti. Favorita da questo tipo di motore da 999,6 cc è un mezzo potente che con 180 CV/12.500 giri arriva ad una velocità massima di 279 Km/h, ma è molto compatto e offre agilità nei tratti di percorso misto aiutato da una consistente dose di elettronica.


Potremmo definire la moto di Noale come l’orgoglio italiano, grazie ai due titoli superbike vinti da Max Biaggi (2010/12), in un tripudio tricolore di pilota italiano, moto italiana e team italiano. Questa moto è molto apprezzata dai più “raffinati smanettoni” e non delude nella versione “Tuono”,naked già precedentemente prodotta sulla base della bicilindrica RSV1000.


Un caso di quattro cilindri a V che non ebbe risvolti risale agli anni ‘60 e si tratta della Ducati Apollo. Una massiccia custom 1260 cc, che fu studiatada Borgo Panigale nel 1963, per vincere la gara di fornitura alle forze di polizia degli Stati Uniti. Il motore progettato dell’Ing. Taglioni, aveva la particolarità di non essere diviso in due bancate da due cilindri, ma in quattro cilindri separati e posizionati a 90° due a due come fossero due bicilindrici affiancati. Il progetto fu quindi accantonato, ma diede inizio alla realizzazione del bicilindrico che caratterizza ancora oggi la storia e la tradizione Ducati.


Un altro caso interessante di V4 è sempre made Honda ed è il modello NR 750. La particolarità di questo motore era che oltre ad avere le due bancate separate da un angolo di 90°, i pistoni erano ovali. Ogni pistone impiegava due bielle e l’albero era come quello di un otto cilindri. Ad ogni cilindro poi corrispondevano quattro valvole di aspirazione, altre quattro di scarico, due candele e due iniettori. La potenza di questo motore era di 126 CV/14.000 giri e faceva raggiungere alla NR la velocità massima di 257 Km/h. Ne furono prodotte circa duecento nel 1992 e solo per un anno, ma nonostante il motore sbalorditivo, questa moto da sogno indicò soprattutto le tendenze che avrebbero caratterizzato le sportive da metà degli anni ’90.


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