lunedì 27 maggio 2013

La moto col "becco"

 
Grazie al cielo esiste il solito bar! Questa volta, si parla di modelli nuovi e più o meno belli, quand'ecco che l'argomento cruciale riguarda l'originalità del "becco" sulle BMW enduro. Questa soluzione puramente estetica, pare sia stata copiata dalla Triumph per le ultime Tiger, dirette concorrenti di mercato della serie GS della casa bavarese.
 
 
La storia non è proprio andata così, o meglio, non è una semplice scopiazzatura della casa britannica. L'origine di questo "becco", che vediamo sulle odierne endurone tedesche e appunto sulle Tiger Triumph, risale a molto tempo fa. La Moto Guzzi aveva messo sulla sua bialbero 250 da corsa del 1953, una carena cosiddetta "a becco d'uccello", che lasciava scoperto il motore coprendo, non solo aerodinamicamente, le gambe del motociclista.


 
Più recentemente, negli anni ottanta, le moto enduro spopolavano tra gli appassionati, cavalcando l'onda del successo della Paris-Dakar e dei raid africani. Tra le 125 una esponente del genere era la Gilera con l'XR1 e l'XR2 che imitavano in tutto e per tutto le sorelle maggiori, per l'immensa gioia adolescenziale dei sedicenni.
 
 
 
Anche se il modello venne concepito con il famigerato becco, sulla piccola Gilera, era un pezzo asportabile e alcuni non lo montavano nemmeno. La Suzuki DR Big, molto  probabilmente, la si può ritenere la principale rappresentante di questa scelta estetica nelle moto off-road. Bella imponente, veloce sugli sterrati, la DR Big è stata una grande protagonista degli anni "d'oro".
 
 
 
 
 
Quando il "cinquantino" era ancora un ciclomotore di tutto rispetto, la Garelli metteva in commercio l'Urka. La sua originalissima linea era il risultato della tendenza del momento, legata al successo delle grosse enduro. Aveva un cupolino e una carena intorno al fanale con un accenno di "becco" che ricorda quello della grossa Suzuki Big. Involontario l'effetto simmetrico tra "becco" e puntale nel "basso-carena", ma comunque ben riuscito.

 
Ducati ha il "becco" su modelli come Hypermotard e Multistrada, che sono due moto estreme e comunque apprezzate tra i centauri più incalliti. A dimostrazione che alcuni temi estetici, ritornano ripercorrendo fasi di ricerca del nuovo che poi tanto nuovo non è.
 
 
 

Pronte a scattare sulla linea di partenza per la Pikes Peak Hill Climb, le Multistrada Ducati mostrano tutta la loro aggressività. Come la Triumph che, con il modello Tiger, ha evoluto il suo concetto di maxi-enduro in favore di una concorrenza diretta alla GS tanto osannata.



 
 
E' quasi un dovere ricordare che, il mito della casa dell'elica e del bicilindrico "boxer" più famoso del mondo, è nato con le primissime corse nei deserti africani, dove molti privatissimi e assetati di avventura, portavano la loro moto di tutti i giorni a fare quattro salti tra le dune, con risultati soddisfacenti. E' celebre il modello "Paris Dakar" con la sella rossa in pelle, il serbatoio sagomato e i colori racing.
  
 
E' poi comparso, sulla metà degli anni novanta, il "becco" sulla serie GS come una sorta di grosso parafango alto, facendo subito da spartiacque tra chi lo ha apprezzato e chi proprio ancora non l'ha digerito.
 

 
Insomma, la questione al bar si è risolta in modo molto meno etico e approfondito. Ma senza dover scomodare Niccolò Machiavelli dal suo Rinascimento, possiamo tranquillamente accettare la storia come un qualcosa che si ripercorre facendo, dei corsi e ricorsi, un lato che oltre a caratterizzare le società, lambisce senza mezze misure, gli aspetti più leggeri della vita...come le chiacchere da bar.

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