lunedì 25 marzo 2013

Ducati Apollo 1260, seconda parte: non c'è quattro senza due...

 
 
Dopo che il progetto di produrre moto di grossa cilindrata per le forze di polizia americane, ed eventualmente per la popolazione degli Stati Uniti sfumò, alla Ducati decisero che nulla doveva essere lasciato al caso e secondo Taglioni, si poteva sfruttare l'esperienza di quel progetto motoristico per la produzione di nuovi modelli. Infatti il motore dell'Apollo è qualcosa di veramente affascinante e bello. Quattro cilindri separati disposti a V di 90°, o ad "L" come piace dire ai ducatisti, sono semplicemente la somma di due motori bicilindrici Ducati come li conosciamo oggi.
Se i motori stellari di tipo aeronautico possono essere considerati i progenitori dei tanto osannati "boxer" BMW e dei bicilindrici V frontemarcia di casa Guzzi, allora il bicilindrico di motociclette meravigliose come la Ducati 916 discende direttamente dal motore dell'Apollo.
Infatti se lo si guarda frontalmente, si capisce che basterebbe tagliarlo a metà passando attraverso i quattro cilindri longitudinalmente rispetto l'asse della moto per ottenere ciò di cui stiamo parlando.
 
 
Ed è proprio così che comincia la produzione di moto non più di piccola cilindrata e di ridotte prestazioni, in quanto il sistema desmodromico ha sempre concesso alti regimi di rotazione per un motore, fornendo l'affidabilità necessaria dei sistemi di apertura e richiamo delle valvole.
Con un cilindro in posizione orizzontale, il passaggio dell'aria durante la marcia è garantito, fornendo il corretto raffreddamento al cilindro verticale. Mentre le combustioni hanno un rapporto un po' sbilanciato (ogni 270° e 450°), vi è un maggiore vantaggio nel contegno delle vibrazioni, perché quando un pistone si trova al punto di inversione del moto, l'altro è circa a metà corsa, e con la sua energia cinetica fornisce aiuto al compagno nel superamento del momento "di stallo".
 
 
L'epopea delle "bicilindriche rosse" è costellata di successi sportivi internazionali soprattutto nelle derivate della serie, ma quello che più aggrada me che scrivo e si spera anche chi leggerà queste righe, credo che sia il fatto di come un progetto senza successo sia stato il "big bang" delle più fortunate moto sportive italiane. Di come il marchio Ducati abbia da quel momento costruito la sua fortuna tramite il suo originale e ormai "tipico" motore con determinate caratteristiche. Caratteristiche che gli derivano direttamente dall'Apollo e dal suo storico insuccesso. Ed è estremamente affascinante il rapporto "insuccesso che genera successo". In questo caso concedetemi di dire che non c'è quattro senza due.
 


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