sabato 14 novembre 2015

Tu sì que Vale...!


In questo blog normalmente non si parla quasi mai di sport, ma in questo caso, l'eccezione che conferma la regola, è dovuta al finale di campionato di moto GP. Dopo la grande delusione di Valentino Rossi e dei suoi tifosi e dopo tutte le polemiche che per una quindicina i giorni hanno riempito le pagine dei giornali sportivi, è giunto il momento di fare il punto su Valentino da Tavullia. Questo ragazzo di quasi 37 anni è riconosciuto in tutto il mondo come il campionissimo delle moto. Oggi Rossi, dopo quasi vent'anni di motomondiale,  ha estimatori in tutto il mondo e il suo nome, come il suo personaggio, sono sinonimo di campione di motociclismo. Ma cosa fa veramente di Rossi un pilota unico? Quello che molti non considerano è il ruolo che questo ragazzo del 1979 ha avuto nello sport motociclistico. Più di ogni altro in attività oggi, rappresenta lo "stargate" tra la moto di un tempo e la moto moderna. Le moto di qualche decennio fa erano dei mezzi potenti che si guidavano con forza e sensibilità. Le 500 due tempi avevano motori capaci di sprigionare cavalli e potenza senza dare margine alla guida del pilota. Infatti quelle moto avevano poco freno motore e, se durante un giro in gara si verificava un problema o peggio si cadeva, era necessario un giro intero della pista per poter riportare la moto ai regimi utili per correre la corsa. Infatti il numero di giri del motore valido per sfruttare al meglio queste moto aveva un range molto ristretto oltre il quale la resa non era ottimale.


La ciclistica, le coperture e gli impianti frenanti sono comunque migliorati progressivamente assecondando tutte queste caratteristiche al fine di rendere migliori e più guidabili queste moto. Poi è accaduto che, per richieste di mercato, il regolamento abbia stravolto queste gare riportando in auge prototipi con motore a quattro tempi. Da qui tutto un modo diverso di guidare. Grazie all'acquisita capacità di gestire cavalli su moto più instabili, molti piloti hanno potuto esibire la propria esperienza ed il proprio talento, guidando come fossero al festival del traverso, tra righe nere di gomma sull'asfalto, e più brevi e potenti staccate. Tutto questo infiamma il pubblico come ai tempi di Kocinski, Schwantz, Rainey e Doohan e comincia la concorrenza col mondiale delle derivate della serie, la Superbike. Poi un nuovo graduale e inesorabile appiattimento di regolamenti che prima fanno spendere soldi e poi esasperano le case costruttrici che devono costruire i motori, fino a cancellare le classi 250 e 125 per un mono marca o quasi. Rossi si è adattato a tutto questo e oggi è ancora competitivo, come lo sarebbero altri della stessa generazione.


Il valore di Rossi sta nell'essere l'ultimo pilota in attività, figlio delle vecchie e papà delle nuove moto da corsa, in un percorso dove ha potuto mettere in pratica tutto il talento e l'esperienza accumulata negli anni. Ricopre quindi quel ruolo che negli ultimi anni aveva condiviso con altri due immensi fenomeni come Loris Capirossi e Max Biaggi, da un po' fermi ai box. Finita l'era Valentino, ci saremo lasciati alle spalle per sempre il secolo scorso. E non ci saranno nuove leve a rimpiazzare quegli eroi ormai in pensione, perché i nuovi son troppo giovani per comprendere come si guidavano le moto vere, quelle senza diavolerie elettroniche. Più che dei semplici "fantini", saranno dei veri e propri cani da cinodromo, pronti a scattare dietro la lepre meccanica, correndo senza capire bene il perché lo fanno. Ma soprattutto noi non riusciremo a capire perché guardare le corse.

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