Me la ricordo ancora quella domenica mattina di quattro anni fa. L'autunno ci regalava giornate tiepide quasi primaverili ed io, come un sacco di appassionati, guardavo il gran premio di moto GP alla tv. Ignaro di quello che sarebbe poi accaduto, non avevo la minima percezione di quanto dolore e quanto male avrei provato in quel giorno, così normale e così triste. Marco Simoncelli aveva la capacità di essere semplice, poco costruito nei confronti di chi lo seguiva, di chi gli lavorava accanto. Sapeva emozionare come pilota, a volte con qualche errore di troppo, ma pur sempre con simpatia, umana e accattivante. Sapeva buttare il cuore oltre la moto, sapeva fare quello che oggi è "merce rara" nelle corse e nella vita. Per un'assurda combinazione, Marco se n'è andato una mattina di autunno sul circuito di Sepang, la stessa pista in cui si era laureato campione del mondo 2008 classe 250, in una giornata molto simile. Ho in mente quel ragazzo con la faccia da fumetto che si toglie il casco, si becca la multa, ma si fa un giro d'onore da campione davanti a tutto il mondo che lo acclama. Marco era uno speciale, proprio perché sapeva essere normale anche quando faceva cose eccezionali. Questo è il ricordo che oggi ho di Simoncelli, che manca tanto al suo sport, agli appassionati e ovviamente ai familiari e gli amici più cari. Ma soprattutto sono stati quattro anni in cui si è continuato a riflettere e a cercare di farsene una ragione, oltre che a cercare di capire l'incomprensibile. Quattro anni che abbiamo sentito tutti. Ciao Marco.
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