mercoledì 8 aprile 2020

Ritorno al futuro...


COVID-19 o semplicemente "Coronavirus", è il "limes" oltre il quale nulla sarà più come prima e cambierà l'approccio a ciò che fino a ieri abbiamo imparato e dato per scontato. Non è il caso di piangere un cambiamento radicale, ma piuttosto tentare d'immaginare come sarà un motociclismo "post Covid". I campionati sono stati tutti sospesi e già stravolti nel calendario, con l'intenzione di riprendere il prima possibile, salvando il salvabile. L'impressione che ho avuto in questi ultimi giorni è quella che non sarà facile ricalcare quanto già programmato in ottica 2020 prima dell'esplosione dell'epidemia. E se si pensa di poter rimandare le prime tappe di Motogp e Superbike (tanto per citarne due), e ottimizzare la seconda parte dell'anno in corso, al fine di avere una stagione completa, ha i connotati di un fuoristrada clamoroso. Lo scenario più plausibile, sarebbe invece quello di riorganizzare i campionati motociclistici con calendari meno serrati e diluiti all'interno dell'anno solare.


Se la MotoGP deve essere il riferimento del mondo della velocità, può tranquillamente prendersi la parte centrale dell'anno, quella che va dalla primavera inoltrata all'autunno, lasciando liberi gli altri periodi per eventi come Mondiale Motocross e Superbike. In questo caso, gli "aficionados" delle ruote tassellate e delle derivate di serie, avrebbero godimento nel seguire le corse senza doversi incrociare col la Formula 1 automobilistica e il Motomondiale. Inoltre si andrebbe a sfruttare meglio alcune location extraeuropee, che godono del clima migliore durante il rigido inverno del vecchio continente. Questo tipo di distribuzione del campionato di stampo calcistico, è già in voga per il mondiale endurance (EWC), dove la prima gara si svolge poco dopo l'ultima tappa, ovvero la 8h di Suzuka. Questo perché essendo un campionato con moltissimi partecipanti e per natura con un particolare approccio alla gara, con lunghi turni in pista ed equipaggi assortiti, ha bisogno di uno spazio maggiore rispetto alle gare sprint. Il sistema sta comunque funzionando e sia per la presenza di piloti importanti, che per il rilancio di piste dove non si disputano gare del mondiale velocità, l'interesse è andato aumentando.


I campionati nazionali come CEV, BSB ed il nostro CIV, eviterebbero certe concomitanze con i campioni del mondo e avrebbero, perchè no, una maggior visibilità se fossero l'evento della giornata. Ciò che si sta evitando in questo periodo di "isolamento generale" è il contagio da assembramenti. Una volta riaperto il mondo alla libera circolazione, di cui tutti sentiamo l'enorme mancanza, l'approccio agli eventi sarà leggermente cambiato e questo potrebbe essere una spinta a cambiare mentalità e abitudini, in favore di una ripresa e un rilancio dei campionati che amiamo di più e che ultimamente avevano perso interesse, televisioni, sponsor, soldi.


Foto: Pierpaolo Bianchi (#119), archivio privato.

Anni fa si correva la "Mototemporada Romagnola" che faceva da aperitivo al mondiale e al quale partecipavano piloti di primissimo livello con l'intento di aggiudicarsi ambiti premi in somme di denaro. A questo precampionato non mancava il pubblico ed era tradizione e consuetudine andare ai circuiti per vedere grandi campioni e idoli locali sfidarsi in corse spesso memorabili. Per scelta e sempre perché i tempi cambiano, vennero sostituite da un calendario più lungo del Motomondiale (le gare che contano), e tutti quanti ci siamo abituati e non rimpiangiamo la Mototemporada.


Nel 1988, con la storica gara di Donington Park tutta tricolore per noi, grazie alle vittorie di Tardozzi su Bimota e Lucchinelli con Ducati, ci siamo chiesti che campionato fosse questa nuova formula che pensionava il vecchio campionato Formula 1, dove correvano le derivate di serie e tanti piloti che avevano lasciato il mondiale per avventurarsi a sostegno di corse come il TT dell'Isola di Man, il Transathlantic Trophy, le gare americane come la Daytona 200 o la nostra 200 miglia di Imola. La nascita del mondiale Superbike ha di fatto ottimizzato l'interesse delle case costruttrici a produrre mezzi destinati al pubblico, sempre più innovativi e competitivi e ha generato vere e proprie carriere di funamboli delle grosse quattro tempi.


E' proprio Ducati che deve la maggior parte della sua popolarità nel mondo alle stagioni vittoriose disputate in Superbike, rilanciando un marchio e un'azienda che soffriva sul mercato, ed imbastendo un progetto che l'ha portata in MotoGP, vincendo molte gare memorabili, un titolo con Stoner e diventando la bestia nera delle giapponesi Honda e Yamaha. I cambiamenti portano sempre altrove e non sappiamo esattamente dove. Ma una volta che si è tracciato un confine di demarcazione sociale così profondo e mondiale, possiamo solo augurarci di svoltare riprendendo ciò che abbiamo lasciato per strada, ma con la mente protesa ad un grande ritorno. Ritorno al futuro però.

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