mercoledì 12 febbraio 2014

La mia "Rivazza"...


 
L’autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola è uno dei templi delle corse fin dalla sua nascita nel 1953. Molti sapranno che questo tracciato è nato pensando principalmente alle moto, portando in “terra di Romagna” (anche se Imola è provincia di Bologna), i più grandi motociclisti d’Europa e d’oltreoceano, a contendersi la vittoria in gare divenute epiche. Sono molto affezionato al circuito di Imola e ogni volta che ho avuto l'occasione di vedere una gara di Motomondiale o di Superbike ne ho sempre approfittato volentieri. Per essere precisi, è stato proprio sulle rive del Santerno che ho visto dal vivo la mia prima corsa del mondiale. Il caso ha voluto farmi scegliere come posizione la Rivazza, quella collina da cui si domina la doppia curva a sinistra che immette verso la variante bassa, ultima staccata prima del rettilineo del traguardo. Da quella volta non mi son mai più preoccupato di vedere le gare da altre zone della pista. Ho fatto qualche giro a piedi durante le prove per vedere la Tosa o le Acque minerali, ma il punto fisso per la gara è sempre stata la collinetta della Rivazza. La mia Rivazza è un ricordo dolce che si rinnova ogni volta. La mia Rivazza è la rugiada delle sette del mattino, quando per prendere i posti migliori, ci si posiziona sui seggiolini “incassati” nella terra. Per non bagnarsi le "chiappe" si usano giornali, alcuni una coperta o un cuscino da campeggio. In cima alla collinetta vi sono le baracchine della piadina che sfrigolano di continuo fin dalle prime ore del giorno e tutt’intorno si moltiplicano le figure di appassionati. Sembra un pellegrinaggio, uno di quegli eventi dove chi va sembra abbia qualcosa da chiedere, come un desiderio da esaudire. In quel punto i piloti di moto arrivano a razzo dalla variante alta e raggiungono la prima curva della Rivazza già in frenata. Poi escono, accelerano e subito giù in piega sempre a sinistra. Altri novanta gradi e poi via a gas spalancato verso la variante bassa che precede il rettilineo finale. Forse mi sono innamorato di quel pezzo di pista, quando mi son reso conto che si poteva vedere la fase finale di una gara spesso incerta fino alla bandiera a scacchi. Un’altra cosa molto bella della posizione è che ti puoi muovere e scegliere vari angoli. E’ molto bello andare fino al ponte che si trova sopra la pista e mettersi di lato vicino al ristorante il Faro. Da quella strada si vedono le moto arrivare piegate leggermente verso destra un attimo prima della “staccatona” in discesa. I piloti si vedono dall’alto e da questo punto preciso vidi nel 1995 Abe andare molto forte insieme a Mick Doohan sulle 500 due tempi, moto incredibili da guidare e quasi impossibili da domare. Le 250, arrivavano spesso appaiate, per mettersi in fila solo all’ingresso della prima curva, in una specie di bingo dove il primo estratto non sempre porta a casa il premio. La mia Rivazza è quella che, quando sei stanco, ti alzi e te ne vai a fare un giro  dietro le tribune, dove oltre ad un po’ d’ombra, trovi anche della pasta al ragù cucinata dal club di go-kart della città, persone sempre molto ospitali. La mia Rivazza è anche quella che mi fa godere perché all’ultimo giro si è tutti in piedi per esultare e applaudire i primi. E’ anche quella che rimane in piedi per il giro di rientro e si becca tutti i motociclisti stanchi che salutano il pubblico. Alcuni impennano, altri in piedi sulle staffe fanno dei burn-out sull’asfalto, altri, come successe una volta a Regis Laconi, rimangono senza benzina e se ne vanno a piedi ai box tra gli applausi. La mia Rivazza c’è sempre. E’ là, ferma e stabile come lo è nella mia mente, ma è uno di quei luoghi che non esiste sempre. Meglio dire non esiste tutti i giorni allo stesso modo. Mi chiedo se una sorta di animismo stia colpendo il mio cuore. Certo che non è sempre giorno di gara e non è sempre la mia Rivazza! Quella delle bandiere, degli striscioni, dei cappellini, delle trombette da stadio, degli occhiali da sole e del “casino”. Però, forse è così sempre, per chi la ricorda o per chi se la immagina.
 

Quando si entra in Imola, in auto o meglio in moto, s'incontrano molti cartelli che indicano la direzione per raggiungere le curve dell’autodromo, come se fossero località turistiche, o luoghi di culto…e in un certo senso lo sono.

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