domenica 15 luglio 2012

Quando l'Harley Davidson era italiana...


Il marchio Harley-Davidson è da sempre riconosciuto da appassionati motociclisti e non, come il simbolo dell'America on the road. Con il suo carattere di moto da lunghe strade e ampi spazi, la casa di Milwaukee ha sempre rappresentato uno stile di vita USA che in Europa ha avuto riscontri importanti. Molti però non sanno o semplicemente trascurano il fatto che alcune delle primissime Harley Davidson che noi europei e soprattutto italiani abbiamo utilizzato venivano prodotte nel nostro paese, da un'azienda tutta italiana. La moto che si vede nella foto è infatti una AMF Harley-Davidson del 1972. Tutto è cominciato quando nel 1960 l'Harley-Davidson arrivò in Italia per siglare un accordo con l'Aermacchi per la costruzione di motociclette marcate Aermacchi Harley-Davidson. Il prodotto ebbe un discreto successo e soprattutto in campo sportivo, vinse con piloti del calibro di Renzo Pasolini e Walter Villa. Con la produzione di veicoli stradali, si passò dai modelli più semplici con motore monocilindrico a scooter che tentavano di contrastare il "boom" di Vespa e Lambretta cercando di offrire una gamma di piccole cilindrate che potevano, in questo caso allargare quello che era "l'orizzonte costruttivo" della Harley-Davidson, conosciuta per la fabbricazione di grosse bicilindriche. A cavallo tra gli anni 60 e i 70 ci fu una crisi del mercato, influenzata dall'arrivo dei marchi giapponesi, che costrinse Aermacchi ad abbandonare il progetto motociclistico in favore dell'originaria produzione di velivoli che durava fin dal 1912-13 con lo scoppio della guerra italo-turca. Nel 1972 la produzione di motociclette fu portata avanti tramite una nuova società, la AMF Harley-Davidson (American Machinery Foundry), proseguendo fino al 1978 quando nell'autunno i fratelli Castiglioni acquistarono l'azienda in liquidazione fondando la più fortunata Cagiva.


Se osserviamo bene il motore di 350 cc, ci accorgiamo da subito che si tratta di un monocilindrico orrizzontale simile alle più vecchie Guzzi. La corsa del pistone è lunga e a detta del suo possessore, ha un grande rapporto di compressione che ne rende impegnativa l'accensione a pedale. Fortunatamente risulta essere una delle prime moto dotate dell'avviamento elettrico. Non è così facile imbattersi in questa moto, anche perchè è marcata col nome di un'azienda esistita per soli 6 anni circa. La stessa moto, prima e dopo quel periodo, aveva un'altro nome stampato sul serbatoio. E' comunque un pezzo che ricorda quel periodo storico con estrema fedeltà rendendo maggiormente l'idea a motore acceso. Il "mono" è rumoroso, ma sincero e chi la guida assicura che raggiunge la punta dei 150 km/h senza particolari difficoltà. A metà fra una "scrambler" e una naked dal manubrio largo può ancora suscitare interesse, anche perchè questo pezzo ci fa capire che un nome importante e storico come Harley-Davidson, ha tentato di affrontare un mercato ad esso sconosciuto, venendo in Italia ad imparare cosa sono le piccole e medie cilindrate concedendoci il vanto di essere stati fautori di un mito che, una volta divisosi in due (la parte americana H-D e quella italiana Cagiva), è proseguito con crescita e successo fino ad oggi. Forse è vero che a volte l'America è qui!

1 commento:

  1. Ricordo, io ragazzo, che ce n'erano alcune anche qui a Foggia, dal rumore inconfondibile. Avevano il carburatore a trombetta che, mi dicevano, era un plus valore. Insomma un sogno per un ragazzo negli anni '60

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